Gli Ospedalieri di S.Giovanni rappresentano uno degli Ordini militari più grandi ed importanti per la loro attività difensiva e di protezione dei pellegrini in Terra Santa. La loro costituzione risale ai tempi dei mercanti amalfitani che ottennero dal califfo fatimita d’Egitto il permesso di edificare in Gerusalemme una Chiesa ed un ospedale per l’assistenza ai pellegrini cristiani in cambio del pagamento di un tributo annuo.
Fino alla fine del XII° secolo l’Ospedale rimase un ordine caritatevole, senza avere ancora una struttura feudale. Nel 1136 ci fu la prima acquisizione documentata di un castello, quando Folco fece costruire la fortezza di Bethgibelin sulla terra, a sud, dell’Ospedale consegnandola poi all’Ordine.
L’aspetto militare dell’Ordine crebbe tra il 1150 ed il 1180. Nel 1168 furono arruolati circa 500 cavalieri e mercenari locali per una spedizione di conquista in Egitto. Per questa nuova natura guerriera si pronunciò Papa Alessandro III° che nel 1179 in una bolla ammonì l’Ordine a non allontanarsi dagli scopi caritatevoli originari.
Con l’assemblea di Margat, invece, lo statuto dell’Ordine introdusse la figura del frate militare, stabilendo il riconoscimento formale dell’aspetto militare dell’organizzazione. Le regole degli Ospedalieri si modellarono a quelle dei Templari, fissate da Bernardo ed Ugo de Payens che si ispirarono alla regola cistercense. Venne, poi, stabilito a far data dal 1262 che per l’ammissione all’Ordine era necessaria l’appartenenza al rango di cavaliere secolare. Questo criterio di iscrizione, basato sui nobili natali legittimi, prevedeva che l’aspirante doveva esser in possesso dei 4/4 o 12/4 di nobiltà’.
L’organizzazione militare, sorta nell’ambito dell’Ordine, prevedeva il comando di un Maresciallo che rispondeva al superiore Gran Maestro. Quest’ultimo si occupava di approvvigionamenti, di organizzazione logistica ed equipaggiamenti, attività queste sottoposte a ferree regole.
Il numero dei cavalieri presenti in Palestina risultò quasi sempre esiguo (sulla media dei 300 membri), per cui le perdite erano difficilmente rimpiazzabili e ciò richiedeva, inoltre, tempi lunghi.
Nei rapporti con gli altri Ordini esisteva una certa rivalità. Spesso non erano condivisi programmi ed obiettivi dei cavalieri Teutonici e Templari. Sull’organizzazione del Regno di Gerusalemme, ad esempio, i Templari favorivano l’insediamento di una forte baronia, mentre gli Ospedalieri sostenevano l’autorità reale. I Templari erano più propensi ad una gestione politica in piena autonomia dei territori orientali a tal punto da prendere, anche in tempi concordati di pace, iniziative belliche contro i musulmani. Il Gran Maestro templare Gerardo di Ridfort, dopo una gravosa sconfitta subita con enormi perdite (1187), non appagato proseguì nella sua iniziativa bellica e fu di nuovo sconfitto nella battaglia di Hattin del 1189 con il Saladino. Da quest’ultima data fino al 1195, con varie vicende, i due Ordini si trovarono a collaborare condividendo il piano di difesa di Gerusalemme fino alla data predetta, quando il Saladino conquistò il Regno di Gerusalemme. Quindi, è noto che, nonostante la conflittualità tra gli Ordini, e’ comunque esistito un altro elemento comune,quello relativo al rapporto di vicinanza con il mondo musulmano, caratterizzato sì da guerre ma anche da continui scambi culturali e religiosi.
La caduta di Tripoli nel 1289 e di Acri nel 1291 ad opera degli eserciti egiziani segnò la fine del Regno di Gerusalemme e l’inizio del declino degli Ordini.
Gli Ospedalieri si stabilirono a Cipro nel 1292, diventando l’avamposto della Cristianità in Oriente. Da qui partirono varie spedizioni navali contro gli infedeli, poco rilevanti ai fini della liberazione della Palestina. Nel 1312 con la soppressione dell’Ordine dei Templari, le immense ricchezze passarono in parte agli Ospedalieri, che diventarono, così, l’unico Ordine crociato nel Levante. Nel frattempo, il quartier-generale degli Ospedalieri fu trasferito da Cipro a Rodi (1210) su iniziativa del Gran Maestro Folco di Villaret.
A seguito dei dissidi interni all’Ordine (1317-19) sulla nomina del Gran Maestro, il Papa Giovanni XXII convocò il Grande Capitolo generale di Montpellier (1331) ove fu stabilita una nuova struttura per l’Ordine Ospedaliero con la costituzione di raggruppamenti per ‘lingua’ tra i cavalieri. La fine delle Crociate, determinata dalla debolezza del papato durante il grande scisma nonché dallo sgretolamento di Bisanzio, ridimensionò gli Ospedalieri che rimasero con la loro flotta esperti marinai.
Tra il 1440 ed il 1444 subirono gli attacchi del sultano d’Egitto, preso da mire espansionistiche su Rodi. Il conflitto si intensificò quando cadde Costantinopoli nel 1453, ed i musulmani tornarono tentando la conquista dell’isola che si difese eroicamente per diversi mesi. La caduta di Rodi nelle mani degli ‘infedeli’ avvenne nel 1522, allorquando il Gran Maestro Isle-Adam si arrese ai turchi di Solimano il Magnifico, dopo una lunga resistenza. L’Ordine abbandonò l’isola trasferendosi a Malta, ceduta dal Re Carlo V°. I nuovi Cavalieri di Malta si occuparono della difesa delle vie commerciali verso l’Oriente al fine di salvaguardare la pace dalle incursioni piratesche dei “Barberi”.
Per questo nuovo ruolo difensivo, di disturbo alle flotte turche spadroneggianti nel Mediterraneo, l’Ordine subì nuovi attacchi tra cui il più grande fu quello sferrato nel 1565 da un’imponente flotta musulmana. L’allora Gran Maestro, La Vallette, riuscì ad organizzare un’eroica resistenza, tanto da scoraggiare gli assalitori che riportarono perdite maggiori, rispetto ai sette mila uomini caduti sugli spalti di Rodi.
Malta con i suoi uomini, beni e ricchezze cessò di essere la sede dell’Ordine Ospedaliero nel 1798, quando l’isola si arrese alla flotta francese di Napoleone Bonaparte che infranse la secolare neutralità degli Ospedalieri nei confronti delle nazioni europee, appropriandosi di tutti i tesori dei cavalieri melitensi, molti dei quali perirono nei massacri rivoluzionari.
Successivamente, nel 1827, l’Ordine si insediò a Roma, per concessione di papa Leone X, risiedendo come stato sovrano fino ai giorni d’oggi.
Nel rispetto della tradizione cavalleresca del servizio e difesa della Santa Croce con i suoi valori ed ideali spirituali, in un’epoca in cui la nobiltà italica si sensibilizzava al nuovo spirito di crociata contro l’infedele impero ottomano(1), il casato dei d’Alessandro arruolò propri discendenti nelle fila dei militi della “Sacra Religione” con la croce ad otto punte.
Questi giovani gerosolimitani,presi i voti di obbedienza,povertà e castità in onore del santo patrono Giovanni Battista (il cui nome fu dato a vari discendenti dei diversi rami), militarono con onore nella difesa della religione cristiana tanto da accrescere il prestigio della famiglia, già annoverata per le gesta del crociato Guidone d’Alessandro o del milite Francesco d’Alessandro, morto nel 1480 nell’impresa di Otranto(2) contro i turchi. Emulando le gesta di tali cavalieri di ventura, i Gioanniti dei d’Alessandro seppero distinguersi nei ruoli affidati nell’Ordine. Secondo la ricerca fatta da F.Bonazzi, a cui seguì la pubblicazione “Elenchi delle Famiglie ricevute nell’Ordine Gerosolimitano,formati per sovrana disposizione dai Priorati di Capua e di Barletta nell’anno 1801”(Napoli,1879),la famiglia d’Alessandro passò ufficialmente nel Gran Priorato di Capua (quale collegamento alla Terra di Lavoro di origine) ed ascritta nei rispettivi registri “per giustizia”(3) per “pruova fattane da Giovanni primo stipite dal 1575”(4) .
Seguirono, da tale epoca fino alla fine del XVIII secolo, diversi cavalieri professi melitensi, tra i figli cadetti dei due rami della Castellina e Pescolanciano, nel citato Priorato di Capua.
1. D.CAMILLO d’Alessandro, di Giovanni Battista I°(già Barone della Castellina), si arruolò come “professo”il 25 giugno 1574(5). Costui fu tra i 138 italiani, contro i 146 di altre nazionalità, ad essere ricevuti tra il 1555 ed il 1575(6) .Frà Camillo, poi, risultò insieme a frà Vespasiano Longo, alla data del 5 giugno 1587, tra i “deputati Commessari della Religione” che esaminarono ed accettarono le prove di nobiltà del postulante Mario Blanch (7).
2. D.ANTONIO d’Alessandro(1646-?), di Andrea I°(già secondo Duca della Castellina), si arruolò come “professo” nel 1686(8) .Nel corso del settecento, come già richiamato in nota, la famiglia d’Alessandro fu più volte chiamata dai commissari del Priorato gerosolimitano di Napoli, quale testimone nei processi di verifica sulla nobiltà generosa di taluni esponenti aristocratici, aspiranti cavalieri di giustizia. Tra l’altro era consuetudine, presso l’Ordine di Malta, lo scegliere detti testimoni tra le fila dell’alta nobiltà onorata ed antica del luogo, godente “di buona fama e coscienza, e esemplari soliti a confessarsi spesso”(9).
Nel ramo dei Pescolanciano si rinvengono, allo stato attuale, collegamenti documentati con i cavalieri di Malta a partire dalla fine del XVIII secolo. Vi è, comunque, un interessamento esplicito all’Ordine equestre nell’opera “Pietra di paragone dei cavalieri,Arte del cavalcare”(1711) del terzo duca Gio.Giuseppe d’Alessandro (1656-1715), cultore di tematiche equestri.
3. D.FRANCESCO d’Alessandro, di Ettore (già quarto Duca di Pescolanciano), si arruolò come “professo” il 20 novembre 1778(10).
4. D.FRANCESCO MARIA d’Alessandro (1757-1836), di Nicola Maria I° (già quinto Duca di Pescolanciano), si arruolò come “professo” il 21 novembre 1795(11).
5. D.PASQUALE MARIA d’Alessandro (1756-1816), di Nicola Maria I°, quale sesto Duca di Pescolanciano, fu insignito della croce di devozione del S.M. Ordine Gerosolimitano con bolla dell’Ordine del 1794, presso il Priorato di Capua(12). Lo stesso duca è noto per aver ospitato nel suo palazzo “Pescolanciano”, nella piazza S.Ferdinando di Napoli, la coppia imperiale russa, lo zar Paolo I e consorte Maria Theodorowa (1797). Detto zar fu protettore dell’Ordine Gerosolimitano, con l’accordo di Pietroburgo del gennaio 1797, nonchè Gran Maestro in data 6 luglio 1799.
6. D.ANTONIO MARIA d’Alessandro (1784-1814), di Pasquale Maria (già sesto Duca di Pescolanciano), si arruolò come “professo” il 20 dicembre 1787(13).
7. D.GIOVANNI MARIA d’Alessandro (1824-1910), di Nicola II° (già settimo Duca di Pescolanciano), insignito della Gran Croce di devozione nel 1860(14).
Tra i successivi discendenti, insigniti in anni più recenti delle onoreficenze melitensi, si annoverano per il “ramo Pescolanciano”:
1. Mons.D. Ettore Maria d’Alessandro, Pre. della Real Cappella del Tesoro di Napoli (1865-1937),
2.D. Mario d’Alessandro (1883-1963),decimo Duca di Pescolanciano, quale Cavaliere di Onore e Devozione dello S.M.O.M a Napoli(15),
3.D.Ettore Emanuele d’Alessandro (1892-1975)
4.D. Ettore d’Alessandro (1892-1974).
5.D. Ettore Michele Giovanni d’Alessandro (1962), XIV Duca di Pescolanciano, Cavaliere di Onore e Devozione dello S.M.O.M. – Gran Priorato di Napoli.
1)Tra metà cinquecento e seicento, lo scontro con i turchi sulle coste africane di Tunisi e Gerba, nonché nella difesa dell’isola di Malta (1565) o nella battaglia di Lepanto (1571), riaccese gli animi di molti giovani cadetti aristocratici, sensibili agli ideali della cavalleria meridionale, i quali si avvicinarono agli antichi ordini militari ed a quelli nuovi (Santo Stefano etc) con lo spirito del cavaliere di ventura a difesa della fede e dei più deboli.
2)D.Francesco d’Alessandro partecipò alla crociata, indetta da papa Sisto IV nell’ottobre del 1480, contro i turchi che avevano occupato Otranto, dopo una violenta strage di cristiani ivi residenti, con le truppe aragonesi di D.Alfonso,duca di Calabria (cfr.A.Saracino, Otranto baluardo dell’Occidente cristiano, Roma 1981).
3)L’ascrizione ai Registri nella categoria di giustizia, secondo quanto testimonia il Bonazzi, deve essere avvenuta senza la consuetudinaria procedura della presentazione delle prove sui duecento anni di nobiltà goduta (solo dall’anno 1631 con l’introduzione dei nuovi Statuti si pose l’obbligo di tale documentazione), in quanto dette prove “si presumevano solamente alla base di semplici atti di notorietà e di sommarie informazioni”(F.Bonazzi,Op.cit.p.9).
4)F.Bonazzi, Op.cit.p.16. L’autore tende a precisare, comunque, che “le date che nel corso di dette note da noi si riporteranno, come quelle che cavate sono dai Ruoli e non dai processi, si riferiscono all’anzianità e non all’epoca della effettiva accettazione in Priorato, o dell’effettiva ricezione in Convento”.Difatti, l’ascrizione è precedente come testimoniò il De Daugnon nella figura del figlio citato di Giovanni Battista I° del ramo principale, noto come Castellina sul Biferno.Lo stesso B.Candida Gonzaga (Memorie delle Famiglie Nobili delle Province Meridionali d’Italia, Napoli Vol.I° 1875 p.80) riporta la data del 1574.
5)F.F.De Daugnon, La Ducal Casa dei d’Alessandro, patrizi napoletani, Milano 1880 p.12.L’autore riporta per i personaggi citati, quali cavalieri professi, la rispettiva data di arruolamento. Il Serra di Cassano (Fondo manoscritti,Archivio Stato Napoli) conferma detta datazione, salvo per il cavaliere Antonio della Castellina,che lo menziona già frate nel 1664.
6)C.Donati, L’idea di nobiltà in Italia (sec.XIV-XVIII),Rm-Ba, 1988 p.249.
7)Documento miscellaneo n°17/2 da “Copia dell’Esame per le prove di fra Mario Blanch primo cavaliere di Malta, cavata dall’Archivio della Religione” in Catalogo di MSS.della Biblioteca di Camillo Minieri Riccio, Vol.3, Napoli 1869 p.51.
8)Il cavaliere Antonio è citato nei “Processi di Nobiltà dei Cavalieri di Giustizia” (C.A.Bertini Frassoni, Il Sovrano Militare Ordine di San Giovanni di Gerusalemme detto di Malta,Rm, Collegio Araldico 1929, p.107), sotto la città di Napoli alla data 1686 con documentazione del rispettivo processo presente presso l’archivio del Gran Priorato di Napoli. Risulta, poi, la famiglia d’Alessandro citata (p.108)come testimone nei processi di Francesco Montoja di Cardone in Napoli nel 1723 (Arch.Stato Napoli,vol 7 G.Prior.Capua o Arch.Ordine Malta 4503), nonché di Giovanni Battista Amalfitani in Cotrone nel 1750 (G.M.R.Alberi gen.n.259) o di Zunica in Napoli nel 1745 (Arch.G.Piorato di Napoli).
9)Ordinazioni del Capitolo Generale celebrato nell’anno 1631. Torino 1634,p.4. Era norma che il postulante melitense presentava il memoriale narrativo, con i propri dati anagrafici e dei genitori, nonché l’albero genealogico illustrante i duecento anni di nobiltà, le armi gentilizie dei suoi quattro quarti, la storia familiare. I testimoni dovevano, così, segnalare talune informazioni, rispondendo alle 22 domande del questionario preposto sul candidato e la di lui storia familiare, confermando l’esistenza di uno stile di vita “more nobilium”, il possesso di palazzi o sepolcri di famiglia, dell’albero genealogico, stemmi con quarti, eventuali feudi.
10)La presenza di detto Francesco è confermata anche dal citato Bonazzi, allorquando scrive che la famiglia d’Alessandro di Pescolanciano è “passata in Priorato nel 1778 in persona del cav Francesco”, il quale,però, è lo zio dell’altro cav.Francesco Maria. Difatti, il Bonazzi riporta quanto indicato nei Registri dell’epoca, circa l’allora ascendente“Rappresentante” della famiglia che era “Ettore Duca di Pescolanciano (padre del cav.Francesco).
11)Cfr. De Daugnon, Op.cit.,p.11. Di detto cavaliere, sepolto nella cappella gentilizia della chiesa di S.Domenico Maggiore, esiste una varietà di documenti di archivio familiare che testimoniano il suo impegno gerosolimitano in Napoli, ma anche il suo attivismo per il Casato (documenti del 1804-1806 annoverano i suoi interessamenti verso le proprie nipoti monache presso la chiesa della Croce ,circa la loro formazione scientifica seguita dall’educatore D.Giovanni Isoardi). Costui, poi, godeva di una rendita annua di 1400 ducati (di cui 1200 lasciati dal padre, oltre alla dote di 8000 ducati di capitale, e di circa 200 della pro-zia duchessa D.Francesca d’Alessandro della Castellina) presso il fratello duca Pasquale M.d’Alessandro.
12)Secondo F.Bonazzi (L’Araldo, Almanacco Nobiliare del Napoletano, Napoli 1884,p.208) i primi insigniti, tra dame e cavalieri, della croce di devozione (“devotionis causa”), tra gli anni 1729 e 1883, costituivano un piccolo nucleo di esponenti di famiglie principesche, “di notoria e qualificata nobiltà”.
13)De Daugnon, Op.cit.,p.15.
14)E’ significativo come il duca Giovanni Maria d’Alessandro, nel rispetto di tale tradizione cavalleresca, conservasse con particolare attenzione, nella sua collezione museale presso il palazzo Pescolanciano al corso Vittorio Emanuele (Napoli), due pettorali melitensi della seconda metà del cinquecento. Detti cimeli,inglobati in armature di produzione ottocentesca e forse appartenuti ad alcuni cavalieri della famiglia, vennero ceduti, all’epoca del grande tracollo finanziario del Casato,al principe Ladislao Odescalchi nel 1882. Secondo la descrizione riportata in una recente pubblicazione (T.Ricardi di Netro,L.Clotilde Gentile, Gentilhuomini Christiani e Religiosi Cavalieri ,Torino 2000,pp.120-121), detti “petti” di armatura si conservano presso il museo di Palazzo Venezia nella Collezione Odescalchi al n.1105 e 1113. Entrambi presentano sotto lo scollo un cordone simulato, al centro del quale spicca in rilievo una croce di Malta “il tutto a sbalzo assai grossolano”.
15)Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, ediz.XXV, Collegio Araldico, Rm, 2000-2004 p.38
16)C.A.Bertini Frassoni, Op.cit., p.255