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LA VILLA PESCOLANCIANO
a Portici



Ultima prestigiosa dimora partenopea: la Villa Pescolanciano a Portici

Questa proprietà fu acquisita e costruita dal primogenito e sua consorte Gaetani (in tre fasi successive: primo lotto nel 1897 da Pasquale Scognamiglio, il secondo nel 1901 da Rosa Gargiulo vedova Scognamiglio, il terzo nel 1909 da Nicola Ummarino) del duca borbonico Giovanni Maria d’Alessandro.Nicola Maria III(1857-1894), con il titolo di marchese di Civitanova Sannio(predicato usato dal bisnonno duca Pasquale ed inserito negli atti religiosi della parrocchia di S.Silvestro Papa di Civitanova dal 1805 per poi essere stato riconosciuto anche da re Francesco II “dopo la difesa di Gaeta” al figlio del duca Giovanni Maria),nacque in Pescolanciano il 15 ottobre 1857. Frequentò il regio Collegio di Mondragone, iscrivendosi tra i primi alunni nel 1865.Fuconiugato con Carolina Gaetani dell’Aquila d’Aragona (del fu Onorato - senatore del Regno - e di Antonietta Solazzi Castriota) dei principi di Piedimonte in data 24 novembre 1880 in Napoli.


D.Nicola M. d’Alessandro e consorte Carolina Gaetani dell’Aquila d’Aragona



La coppia risiedette fino al 1887, come risulta da atti municipali, nel palazzo Pescolanciano di corso V.Emanuele n.171 in Napoli.Difatti , in occasione del matrimonio, il duca Giovanni M. fece dono (in usufrutto e proprietà,istrumento del 2 novembre 1880 per notar Carlo Campanile in Napoli) al figlio Nicola della metà del primo piano nobile di detto fabbricato, esposta ad oriente e mezzogiorno, comprese le camere di rappresentanza e parte della sala d’armi.

A seguito della nota situazione di crisi finanziaria di fine ‘800,che colpì la famiglia, D.Nicola si spostò, successivamente, con moglie e figli a Bellavista (Portici),prima presso una residenza temporanea in corso Garibaldi 87 poi a lavori finiti(durati dal 1897 al 1901) nella sontuosa villa “Pescolanciano”, ombreggiata da un esteso parco (circa 7.000 mq) con suo galoppatoio e scuderie. Detta villa era posizionata tra il mare e la collina, con ingresso principale in via Nuova Bellavista n.21(attuale via Diaz), edificata sui terreni acquisiti dalla consorte per il tramite del notaio Pace di Portici. Questo trasferimento da Napoli a Portici, dopo la perdita del palazzo agnatizio del corso Vittorio E., fu forse invogliato dalla stessa moglie Carolina, che intese avvicinarsi ai suoi familiari ivi già residenti.


mappa urbana con collazione
della villa Pescolanciano (fonte R.Pane)


Il marchese Nicola morì di tifo il 26 aprile 1894 in quest’ultima dimora o forse presso il collegio Andriani di Bellavista, lasciando 4 figlioli, appresso citati.

La giovane vedova Gaetani, con relativa prole, continuò a vivere lo scorcio della prima metà del XX secolo nella dimora di Bellavista, conducendo una vita ancora degna del suo rango. Fu presente in tutti i salotti culturali e sociali della cittadina, molto legati ancora ai deposti sovrani Borbone. La fedeltà alla vecchia dinastia continuò a perdurare con i figli ed i nipoti del duca Giovanni Maria d’Alessandro. Donna Carolina si dedicò a portare avanti la famiglia e a far crescere tutti i suoi figli.


villa Pescolanciano in una cartolina dei primi del ‘900

La villa era circondata da uno stupendo giardino all'italiana,con molte palme ed alberi secolari.Vi si accedeva da un’ampio cancello d'ingresso con due imponenti colonne e dove era posto lo stemma gentilizio. All’entrata la casetta del custode con sua famiglia, superata la quale si trovava la residenza in stile ottocentesco con sua piccola torretta in stile romantico medioevale.

Nonostante le difficoltà della vedovanza la giovane Gaetani si mise in luce per le sue opere di beneficienza, organizzando feste e “pesche” per raccogliere fondi per i giovani del “Ricreatorio festivo educativo per i figli del Popolo”,voluto nella sua proprietà in accordo con il rev. Don Domenico Marchiorre. Queste feste di beneficenza erano di due tipi: feste campestri nel parco d’Alessandro con vari divertimenti per i ragazzi quali pesche e pignatte,giochi; rappresentazioni teatrali nel parco con recite di commedie da parte dei giovani del Ricreatorio e di attori del circolo filodrammatico “Goldoni” con sede in via Verdi a Portici. Donna Carolina presiedeva sempre il comitato organizzatore di patronesse di tali feste,formato da dame di ogni età e ceto(tra cui la marchesa Vigo, la contessa Ida Pignone del Carretto,la baronessa Gallotti,la sig.ra Emma Manduca-Viglia,la baronessa Magliano, la sig.na Letizia Santasilia,la sig.na Batelli,la marchesa Ferri, la baronessa Federici,la contessa De Ciutiis e la sig.ra Pilla). Tra il 1897 e il 1913 contribuì, poi, con altri benefattori (donando ben 17 mila lire) alla costruzione della chiesa dedicata al “Sacro Cuore di Gesù in suffragio delle anime del Purgatorio”, lungo la via nuova su una parte del parco(fino a via Poli) della villa a suo tempo donata al religioso Domenico Marchiorre(già proprietario dal 1896 di terreno e suo villino residenziale). Di questa importante iniziativa, che vide la partecipazione attiva degli ultimi esponenti di casa Borbone, fu impresso nel marmo della chiesa quanto segue: “Primo a sorgere e dar vita alla ridente Bellavista fu questo tempio che la munifica pietà dei fedeli e la tenacia del fondatore sac.Domenico Marchiorre eressero e donarono al cardinale arc. di Napoli(Alessio Ascalesi) 1897-1913.Ernesto Vergara Caffarelli disegnò e diresse”.Furono poi scolpiti i nomi dei fondatori: “S.A.R. Don Alfonso di Borbone, Proc.Gen.Senatore Giacomo Calabria, Leopodo Borelli, S.A.R. Maria Sofia di Borbone, Marc.di Civitanova Carolina Gaetani” e tanti altri nomi illustri. La chiesa fu consacrata nel 1913 ed il reverendo D.Domenico fu rettore e poi parroco dal 1925. Il villino si trasformò successivamente nella canonica della chiesa.



parte del parco donato a Don Marchiorre e chiesa edificata del Cuore di Gesu’


Si mise a disposizione, poi, del comitato organizzatore di feste e spettacoli per la raccolta di fondi per l’ampliamento dell’altra chiesa della Salute a Bellavista. In età avanzata fu presidentessa dell’associazione “San Vincenzo dei Paoli”, prodiga a soccorrere vedove ed orfani, nonché malati.

In questa proprietà crebbero i quattro figli della coppia. In particolare, il secondogenito noto D.Mario d’Alessandro, passato alle cronache come il “marchese delle carrozze”. Provetto ed abile cavallerizzo, costui fu iscritto alla scuola napoletana di equitazione esercitandosi per anni specie nel salto ad ostacoli, cavalcando propri cavalli di razza nel galoppatoio della suddetta tenuta di famiglia in Portici, ove visse con la madre vedova e le sorelle dal 1901. Fu seguito in questa sua passione dal nonno materno, Onorato Gaetani dell’Aquila d’Aragona duca di Laurenzana e principe di Piedimonte, pioniere dell’ippica a Napoli e titolare di una delle più fornite scuderie del mezzogiorno, tant’è che i lavori alla rimessa delle carrozze e cavalcatoio nel parco della villa, eseguiti nel primo decennio del ‘900, si fecero per questa sua passione. Anche la sorella Anna Maria d’Alessandro, che sposò il nob.Nicola Boscarelli, fu attratta dall’equitazione.


prospetto lavori rimessa carrozze della villa Pescolanciano ed
il galoppatoio nel retro della villa con d.Mario in azione, 1916


D.Anna d’Alessandro sul suo cavallo

E’a partire dagli anni ’20, dopo il piccolo incidente a cavallo, che D.Mario cominciò a dedicarsi al suo primordiale interesse del collezionismo di carrozze, ampliando la rimessa e sistemando il galoppatoio. Cominciò a comprare “un Coupé, per 900 lire e una Vittoria per 1.300 lire”, portando negli anni a Portici presso la propria dimora carrozze acquistate in tutt’Europa, come le “Charrette, Military, Mail Coach, Volture de chasse, Break Phaeton, Milord, Dog Kart, Ragno, Clakens, Pony-Caise”,prodotte dalle più importanti ditte, nonché appartenute anche a Case Reali quale l’Orleans, Aosta e Braganza. Ben presto la sua fama di collezionista si diffuse in tutto il Regno a tal punto da essere interpellato nella scelta delle carrozze unitamente al duca d’Aosta, Vicerè d’Etiopia, con il quale sfilò, nel 1937, per le vie di Addis Abeba. “Allestii una vera e propria mostra delle maggiori carrozze che avevo trovato, e la duchessa d’Aosta venne nella mia villa a scegliere le due che più erano di suo gusto”.
In questi anni, comunque, la villa si trasformò in una sorta di salotto culturale frequentato da appassionati, come Don Mario, ai cavalli e carrozze (molti dei nomi come Leonetti donatari poi di carrozze al museo di villa Pignatelli erano frequentatori del posto), nonché di nostalgici borbonici e di dame legate alle citate attività caritative collegate alla madre Gaetani d'Aragona. Quest’ultima negli anni ’30-40 continuò a dedicarsi a tante iniziative filantropiche. Donna Carolina divenne presidentessa delle Dame della Carità, collegate al monastero delle “Figlie della Carità di S.Vincenzo de’Paoli” (collocato in via Moretti), aiutando vedove,orfani, malati e indigenti. Nota fu la fiera di beneficenza da lei promossa il 4 settembre 1933 nella Villa Comunale con la partecipazione di varie benefattrici come la sig.ra Bianca Tufarelli Abbamonte, Bice Marasco Zelo, Jole Arcucci Cultrera di Montesano, sig.ra Giovanna Girasole etc. Si spense il 23 settembre 1940 con le esequie svoltesi nella sua proprietà, alla presenza dei familiari e tanti cari amici.Carolina donò alla chiesa del Sacro Cuore il grande dipinto absidale, la statua di S.Teresa a cui era devota.
In questo periodo prebellico la villa era abitata dalla figliolanza e sua servitù. Don Mario, continuando nella sua passione ippica, nel 1940 giunse a vincere un concorso d’equitazione con il cavallo “Beauty”.D.Mario volle così festeggiare l’evento nel giardino della villa con una grande tavolata, cui invitò vari amici, quale il marchese Frezza o il principe Lancellotti con l’amata consorte, immortalando questo banchetto in una fotografia dove il cavallo fu ritratto mentre saltava sulla tavola.


Festeggiamento in villa della vittoria del cavallo Beauty con il
principe Ruffo Scaletta e marchese Rocca su cavallo (fonte R.Pane)

Il marchese D.Mario d’Alessandro rimase personaggio austero negli anni, addolorato forse per la precoce perdita del padre e madre nonché poi della stessa prima moglie (Valentina Atalia di Livorno sposata nel 1933) e di tante altre persone a lui care in tempo di guerra, si immerse nelle sue passioni giovanili, conservando un nutrito interesse per il passato e le antiche tradizioni. Seguendo le orme del citato nonno materno Gaetani, che forse sostituì la mancata figura paterna, volle nel 1916 iscriversi tra i soci fondatori del circolo Nazionale dell’Unione in Napoli, oltre ad essere sostenitore dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio, che gli conferì in data 8 maggio 1961 il Cavalierato di Giustizia. Altro ordine cavalleresco fu quello di Malta, che lo accolse come Cavaliere d’Onore e Devozione nel 1952, così come fu insignito anche dell’Ordine di San Gennaro. Non furono tanto le sue posizioni “legittimiste”, di nobile rispettoso delle costumanze familiare, a renderlo noto alle cronache italiane bensì le sue ormai inconsuete abitudini di gentiluomo del passato,legato al mondo della carrozza.


Ricordi di passeggiate in carrozza
di D.Mario d’Alessandro

Don Mario continuò, così, a far spesso uso di carrozza (condotta anche dal cocchiere) nel secondo dopoguerra, negli anni di pieno boom automobilistico. Un immagine questa che acquisì una certa popolarità a tal punto che quando la gente lo vedeva scarrozzare nelle strade campane si fermava ad applaudirlo, gridandogli “Evviva ‘o marchese!”.Nel 1955 organizzò, tra l’altro, un felice viaggio in diligenza trainata da quattro cavalli, divenuto leggendario da accrescerne la fama, con alcuni amici (il barone Jannitti, il duca di Vasaturo) dalla sua dimora di Bellavista al castello in Pescolanciano e poi fino a Campobasso, attrezzando per l’occasione la vettura con lettino, toilette e ghiacciaia. Tale evento, ricordato con gradimento dal marchese d’Alessandro nell’intervista del settimanale Oggi, fu “il viaggio più bello della sua vita” e quando il gruppo d’avventurieri giunse a Campobasso dopo tre giorni di viaggio, i cittadini “erano tutti in piazza ad attenderci e quando la nostra diligenza, piena di polvere, arrivò, gli automobilisti, i camionisti e tutti i conducenti di automezzi ci vennero incontro e tolsero il cappello. Era un loro modo di presentarci le armi”.


Passeggiate del marchese D.Mario per Portici,anni ‘50

Un altro episodio di cronaca, meno gioioso, legato a D.Mario ed al suo mondo equestre fu l’incidente del 1956,allorquando nel corso di una consueta passeggiata napoletana in carrozza “col tiro a quattro” fu presente con i suoi amici Guido Ruffo e Pierino Rocca al tragico decesso dell’anziano cocchiere Vincenzo Cavaliere. Quest’ultimo, sofferente di cuore, probabilmente si emozionò nel bel mezzo del solito strepitio di applausi e ovazioni della folla accorsa in piazza Plebiscito a vedere il passaggio della vettura, abbattendosi “cadavere sulla serpa”. Grazie al pronto intervento del marchese, che recuperò la guida incontrollata, si scongiurò un disastro. Quest’ulteriore dolorosa perdita dell’esperto cocchiere, da anni a servizio di D.Mario, lo segnò a tal punto da fargli dichiarare che “oggi non esistono più i veri cocchieri.Dovetti attendere mesi prima di trovare un altro che fosse in grado di imbrigliare a regola d’arte i cavalli e che sapesse sopraintendere ai cavalcanti, ossia ai garzoni della scuderia”
L’amore per la carrozza, che accompagnò D.Mario per tutta la vita fu comunque condiviso anche dalla seconda moglie, Emma Ernesta Vesentini(figlia di Angelo, alto dirigente delle Ferrovie trasferitosi in Piombino),anch’essa vedova, conosciuta nei frequenti soggiorni toscani e impalmata il 29 settembre del 1948 a Massa Marittima. La felice coppia d’Alessandro visse nella villa paterna in Portici, con domicilio modificato in corso Armando Diaz n.55(già via nuova Bellavista), pur trascorrendo abitualmente un mese di vacanza presso l’antico e prestigioso Grand Hotel Palace di Livorno. Detti coniugi senza figli poterono occuparsi, per un certo periodo, anche del primogenito fratello inabile duca Giovanni, che abitualmente risiedeva in Calabria con la sorella Anna. A costui, infatti, era riservata una camera della villa durante i soggiorni porticesi.


villa Pescolanciano anni ‘50 e villini d’Alessandro annessi al parco

Questa prestigiosa dimora Pescolanciano,difatti, fu assegnata col testamento ereditario materno al figlio D.Mario, pur continuando ad ospitare il fratello e le rispettive sorelle.
La villa, ristrutturata nel dopoguerra, disponeva di un primo piano con camere da letto, camere per il personale di servizio, stanza di pranzo, cucina e salottino, dove spesso erano accomodate D.Anna e D.Antonia. In particolare, D.Anna vi abitò con il marito Nicola Boscarelli e figliolanza fino al 1951 per poi spostarsi nella proprietà di Bisignano in Calabria. Il piano terra,che disponeva di uno studio,sala di ricevimento,quattro stanze da letto, tra cui la camera riservata al fratello Giovanni e quella degli ospiti, era di norma utilizzato da D.Mario e consorte ed il fedele cane Nerone. Intorno alla villa il giardiniere continuava nel dopoguerra a curare l’esteso parco. Nel parco, con ampio giardino di fiori (molte ortenzie) e piante ad alto fusto (oltre a mandarini e palme), rimase la rimessa (acquisto di D.Mario su 580 mq da Attilio Giardiello con atto dell’1 aprile 1939 presso il notaio Giuseppe Quaranta), che ospitava le tante carrozze collezionate, ed una stalla, dove mediamente teneva 4 cavalli (giunse a possedere in totale circa 200 quadrupedi). Il galoppatoio rimase per provare e tenere quei cavalli usati per le gare, seguite in prima persona da D.Mario e suoi amici o appassionati di ippica, quali il Pignatelli, il Romanazzi, il Barracco o il Sirignano.


Festeggiamento della vittoria di cavallo di scuderia
con amici e cameriere Ciro (fonte R.Pane)

Con la moglie Ernestina ed amici continuò a godersi i paesaggi napoletani, tra cui l’amata Posillipo, passeggiando con le sue carrozze ed i suoi cavalli durante gli anni ’50 e partecipando a vari concorsi nazionali di attacchi.
Il 24 marzo del 1958 D.Mario, seduto a cassetta di una sua vettura con tiro a due, insieme alla moglie Ernestina ed il cocchiere Ciro, uscì per un’ultima passeggiata lungo la via di Bellavista, applaudito da centinaia di porticesi, accorsi per la particolare occasione. L’addio del settantacinquenne marchese alle sue carrozze fu immortalato nelle pagine del citato settimanale Oggi, uscito l’8 aprile del 1958, in cui furono riportate alcune notizie biografiche e brevi interviste al nobile personaggio, fotografato nel suo solito aspetto canuto con i baffi umbertini e nel suo abito da passeggio con cappello “borsalino”. L’autore dell’articolo, Vittorio Paliotti, così riportò alcuni particolari di quella indimenticabile giornata: “Dall’alto della sua meravigliosa carrozza, il vecchio marchese sorrise a sua moglie, donna Ernesta Vesentini, che gli era accanto, allentò le redini e con la destra allungò la frusta lievemente, sui due pony. - Piano, eccellenza, piano! – sussurrò il cocchiere Ciro Palumbo che in livrea ed in tuba sedeva dietro. Ma il marchese non gli diede ascolto e lasciò che i cavalli procedessero al passo di corsa. Fu a questo punto che la folle esplose in un entusiastico applauso…e quando si è accorto che i due cavallini sentivano gli applausi e rispondevano muovendosi con maggiore grazia, non ha retto alla commozione e ha lasciato che qualche lacrima gli scivolasse sul volto. - Ciro – ha detto al suo cocchiere, - io lo vedo che questo mondo è finito. Ma che peccato!”.


Articolo uscito su rivista “Oggi”,1958


La nostalgia di D.Mario, testimone di un’epoca di cambiamenti, risultò essere similare a quella dell’avo duca Giuseppe, autore del trattato “Arte del Cavalcare”, il quale come Don Chisciotte non riuscì a dimenticare l’amata epoca della Cavalleria. Rinchiuso nel suo mondo con l’amata consorte continuò in età avanzata a occuparsi di cavalli e a condurre vita salottiera, sempre nella splendida villa.


D.Mario e consorte D.Ernestina in villa, ultimi anni loro permanenza anni ’50-‘60

Una scandalosa ordinanza di esproprio, voluta dal sindaco di Portici, Gioacchino Guarra, a fine anni’50, di una parte del parco della villa Pescolanciano per aprirvi una strada pubblica di collegamento tra via Diaz e via Libertà (via L.Da Vinci, lungo la quale la speculazione dei palazzinari fece poi sorgere deplorevoli condomini in cemento armato), portò probabilmente le sorelle, già residenti altrove (Antonia, tra l’altro era morta a Roma nel 1952), alla vendita della loro proprietà immobiliare(i due villini) al costruttore Vitiello e Cepollaro(con abbattimento degli edifici nel 1959) , tenendosi cinque appartamenti.
Vi fu poi un’ultima apparizione pubblica di D.Mario, a livello nazionale, con il documentario TV di Ernesto Fiore e Ezio Zefferi ed operatore Mario Carotenuto, dal titolo “Le ville del Vesuvio”, girato tempo addietro, in cui il duca di Pescolanciano, o “marchese de’carrozze”, fu ripreso ed intervistato nella sua passeggiata quotidiana in carrozza con il cocchiere Ciro,mentre usciva dalla villa porticese. Il servizio televisivo, mandato in onda sul canale Rai alle ore 22,35 del 22 agosto 1961, intese immortalare lo scempio immobiliare dell’epoca che si autorizzava in quelle aree storiche vesuviane a danno del paesaggio e delle bellezze artistiche locali. Forse un ultimo tentativo di appello di D.Mario ed altri suoi amici, quale il principe Lancillotti, per scongiurare quanto invece accadde alla sua stessa dimora porticese.


Fotogramma del documentario RAI con D.Mario
che esce in carrozza dalla villa, 1961

Dopo questo servizio televisivo forse D.Mario, seppur inizialmente contrario ad una alienazione della proprietà porticese, che vedeva il probabile abbattimento di detta parte d’immobile familiare, infine accolse l’idea di un trasferimento definitivo su suggerimento dalla moglie, decidendosi così nella cessione della sua proprietà (villa e parco)per circa 62 milioni al costruttore Sapio con atto redatto dal notaio De Cesare il 22 gennaio 1962. Tra l’altro,a breve perse, oltre al fratello nubile duca Giovanni(1961), anche la seconda sorella Anna, creandosi così intorno a D.Mario un “vuoto” familiare.

Subì un forte colpo, allorquando l’antica villa familiare fu deciso nel 1962 di raderla al suolo da parte del costruttore acquirente per dare spazio ai progetti di edificazione di moderni mastodontici palazzi, figli di quella speculazione edilizia degli anni ’60-70 colorata di collusione malavitosa. Inoltre, il vecchio personale di servizio, occupato presso la villa (la vedova portiera Clelia con figlia, il citato cocchiere Ciro Palumbo di Resina addetto ai cavalli e carrozze insieme ad Antonio di Napoli addetto ai finimenti,l’autista Raffaele di Portici, il giardiniere Salvatore) fu liquidato con sommo dispiacere. D.Mario, come dai ricordi dell’ultima domestica (la sig.ra Raffaella La Rocca che entrò nel 1959, a soli 16 anni, al servizio del marchese presso la sua villa di Portici e fu l’unica a seguirlo in Livorno, restandoci per sempre), il 24 ottobre 1960 prese possesso del suo palazzetto (eredità della prima moglie) davanti alla terrazza Mascagni sul lungomare di Livorno (v.le Italia,169). Il primo piano dell’edificio, con circa 13 stanze, accolse così tutti gli ultimi ricordi napoletani con gli arredi e le foto della sua gioventù cavalleresca (nel suo studio tanti quadretti di foto dei suoi cavalli e carrozze o dei concorsi ippici). Rimasero in contatto con lui gli ultimi amici che ivi trovò:un nobile romano, il marchese Loré ed il religioso Scocchera di origini partenopee, con cui legò maggiormente perché gli ricordava la sua terra.Negli ultimi tre anni del soggiorno livornese condusse una vita semplice, contornata dall’affetto della moglie Ernestina, godendosi i suoi sigari toscani dal balcone difronte al mare ma senza più le sue adorate carrozze. Tra l’altro quando seppe del progetto definitivo della Sapio costruzioni volle essere presente di persona a Portici il giorno in cui le ruspe abbatterono la dimora paterna e forse, a detta della sig.ra La Rocca, tale dispiacere intaccò per sempre la sua salute. In quell’inatteso disastro si salvò solo la collezione di carrozze. Difatti,prima della morte per broncopolmonite di D.Mario, avvenuta il 29 aprile 1963 nella cittadina toscana, il nobile d’Alessandro si adoprò per un’azione encomiabile di mecenatismo,lasciando alla sua città partenopea lo straordinario patrimonio collezionato, collegato all’atavica tradizione equestre di famiglia. D.Mario donò nel 1960(decreto di autorizzazione d’accettazione n.1787 del 4 agosto 1960 su G.U.), con atto già formalizzato dal 22 ottobre 1959, la sua intera collezione (fatta di 20 antiche carrozze,finimenti ed accessori) al Museo civico Pignatelli in Napoli, che ricevendo altre successive donazioni(Dusmet, Spennati, Leonetti, De Felice) inaugurò nel 1975 (sul idea di Bruno Molajoli e progetto di Ezio B.De Felice) nell’ex rimessaggio della villa un padiglione museale delle carrozze italiane, francesi ed inglesi, intitolandolo al marchese Mario d’Alessandro.

La sua giovane donna di servizio, Raffaella detta “Picciré”, fu presente al momento del trapasso: “la mattina del 29 aprile, appena sveglio alle 7.00, D.Mario si fece servire la colazione poi si fumò il suo sigaro ed invitò la moglie ad andarsi a riposare, addormentandosi per sempre”. I funerali si tennero in forma ristretta con i soli familiari ed il sacerdote della chiesa di S.Jacopo. La salma fu tumulata sotto il loggiato del cimitero livornese della Purificazione di Maria Vergine, della omonima arciconfraternita, ove ora riposa con la sua amata moglie.


Via Diaz con i palazzi costruiti nel 1963