1. La tradizione cristiana delle reliquie
Per reliquia ( reliquiae: resti) si intende la salma, o parte di essa, di una persona venerata per la sua santità o per la sua importante fama. Con tale termine, talvolta, si fa riferimento anche all’oggetto (vesti,strumenti,frammenti simbolici etc) entrato in contatto con la medesima persona.Il culto di tali resti si fa risalire, già, ai tempi della Roma pagana per poi diffondersi, in modo più ampio, tra le popolazioni europee con l’affermarsi del cristianesimo. La nascente chiesa cattolica riconobbe in detta attività veneratoria una forma di religiosità popolare, diffusasi con le prime comunità cristiane pronte a custodire i corpi dei martiri delle persecuzioni, nei primi secoli dopo Cristo. La legge romana, comunque, aveva imposto l’obbligo di sepoltura dei cadaveri in apposite aree cimiteriali o all’interno di cavità collinari (catacombe). Ma, non sempre il corpo fu lasciato per intero nelle suddette sepolture, bensì fu sottoposto anche a delle asportazioni di parti della salma per una conservazione diversa. Con l’editto di Milano (313 D.C.), Costantino I riconobbe la libertà di culto cristiana nell’impero romano, permettendo, così, la sepoltura di santi e beati nelle medesime chiese e basiliche (l’apostolo martire S.Pietro nella basilica vaticana). La di lui madre, imperatrice Elena, tra l’altro, si dedicò al recupero in Gerusalemme di numerose reliquie, risalenti alla “Passione di Cristo”. In quest’epoca risulterebbe diffuso l’uso di conservare reliquie pagane con quelle cristiane, come confermato dal basamento della grande colonna di Costantino nel foro di Costantinopoli (si rinvenne il vaso d'unguento con cui si unsero i piedi di Gesù, i cesti della moltiplicazione dei pani, l'ascia usata da Noè per intagliare l'arca, la statua di una divinità pagana Atena, che Enea avrebbe portato da Troia a Roma).
2. Il significato della reliquia
Il credente ritiene ,che attraverso la venerazione delle reliquie, di poter ottenere un’intercessione del santo o del martire nella richiesta di una “grazia” personale o per terzi. E’ consuetudine, quindi, visitare il luogo, ove è custodita la reliquia autenticata dalla Chiesa(nel caso di un corpo, si teneva in un sarcofago o in una teca di vetro; per piccoli resti di reliquie si componevano dei “reliquari”, come le “stauroteche” conservanti i pezzi della Croce), nonché giungere a toccarla e baciarla. I malati sono soliti mettere la reliquia a contatto con la parte malata. Analogo significato e costumanze è previsto per la sola immagine del santo,che ha nel tempo sostituito con speciali benedizioni (specie perché rappresentazione del Cristo, dei suoi angeli e dei santi)l’uso della reliquia.
3. La reliquia dal Medioevo ad oggi
Una grande esplosione del culto delle reliquie avvenne nel corso del Medioevo, allorquando sorsero numerosi ed importanti santuari, ospitanti le reliquie più venerate dell’epoca. La presenza di un luogo, consacrato ad una reliquia, dava prestigio al territorio, garantendo un flusso di pellegrini con loro offerte, per i quali necessitava un’organizzazione difensiva e protettiva. Da ciò scaturirono conflitti militari e la diffusione di reliquie non autentiche. Nel corso dei secoli, il culto fu messo in discussione e combattuto, come avvenne con la riforma protestante di Martino Lutero per la quale si distrussero in Europa numerose reliquie. Lo stesso Calvino, con il “Trattato sulle reliquie”, attaccò il culto ritenuto fantasioso ed idolatriaco. La Rivoluzione Francese e le guerre Napoleoniche portarono ad un altro grande attacco contro tale credenza. La Chiesa, con il Concilio di Trento, ha regolamentato il culto delle reliquie con apposite autorizzazioni (basate su prove e documentazioni relative all’autenticità o sua antica tradizione), in base alle quali vengono fissati specifici sigilli.
4. Il culto della reliquia presso i Templari
I cavalieri del Tempio sono ricordati dagli storici anche per la leggendaria tradizione di devozione al culto della reliquia, sin dall’epoca della loro occupazione del Monte del Tempio. Le storie più fantasiose riferiscono dell’utilizzo forsennato della venerazione di reliquie più o meno importanti o autentiche. Taluni studiosi ritengono che tra le reliquie possedute dai Templari vi fosse il calice del Santo Graal o dell’Arca dell’Alleanza, mentre risulta documentato il possesso di pezzi della “Vera Croce”( portati dal vescovo di S.Giovanni d’Acri nella battaglia di Hattin), nonchè della testa si Sant’Eufemia di Calcedonia da parte di detto Ordine. Inoltre, nei processi inquisitori contro i Templari emersero varie tipologie di reliquie-idolo, condannate dalla Chiesa cattolica per eresia. E’ il caso particolare del culto della “testa mozzata”, che si fa risalire a tradizioni celtiche (secondo le quali la testa tagliata garantiva la cattura dell’anima del nemico, nonché rappresentava il potere spirituale, per il cui tramite la testa impalata, messa a guardia del territorio, poteva cantare con l’avanzare del nemico). L’adorazione del “caput mortuum” (morte di testa), secondo alcuni esperti, costituì un simbolo alchemico, in uso durante le crociate, noto nella sua stilizzazione del teschio umano. Del resto è rinomata la loro adorazione per la testa di S.Giovanni Battista (decapitato da Erode), che si diceva essere in loro possesso per la sentita devozione al santo, sposato ad una vita di povertà e devozione a Dio. Come è anche ritenuto il culto della testa di Gesù essere passato sotto la giurisdizione dei Templari in epoca delle crociate. Altra famosa reliquia del Salvatore, la “Sacra Sindone”, fu salvata e protetta dai cavalieri del Tempio che la portarono dalla Terra Santa in Francia.
5. Le reliquie di S.Alessandro martire, presso il Casato dei d’Alessandro
Un corpo santo di nome Alessandro riposa presso la cappella ducale del castello d'Alessandro dai tempi del primo duca di Pescolanciano,Fabio Junjor d'Alessandro (*1626/28+1676), che rispolverando l'antica tradizione templare del Casato (ordine al quale appartennero sin dal XII secolo vari esponenti di detta famiglia) volle portare nel suo feudo in Contado di Molise (cfr. Archivio Ducale d'Alessandro,c/o Archivio Stato Isernia, Centro Studi d'Alessandro) alcuni resti mortali del martire-soldato (in rappresentanza della tradizione cavalleresca del nobile Casato) per venerarli con un culto locale secondo la regola di S.Benedetto. Costui, pertanto, con l'appoggio della Corte napoletana (grazie all'interessamento di taluni aristocratici legati alla setta neotemplare partenopea-romana) fece richiesta alla Santa Sede di Roma di talune parti delle reliquie del Santo sepolto in Bergamo. Pochi resti del corpo santo(parti di ossa femorali,costolato) furono affidati al duca Fabio nell'anno 1656 con indulto apostolico di papa Innocenzo X°, facendoli pervenire a Roma e poi in Pescolanciano in una cassetta di legno "cum sigillum".
Il sacro luogo che accolse tale importante reliquia, la chiesa-cappella del castello d'Alessandro, tra l'altro era stato appena rifatto con lavori di miglioria ed ampliamento dal padre duca Agapito(*1595+1655)che li ultimò nel 1628 (come indica ancor'oggi il portale marmoreo d'ingresso).Lo stesso duca Fabio d'Alessandro, per tale solenne occasione, arricchì poi (seconda metà del XVII secolo)la cappella con marmi, decorazioni e stucchi, collocandovi addobbi vari ed ornamenti sacri. A questo periodo, difatti, si fa risalire l'altare barocco, opera attribuita da vari storici allo scultore napoletano Cosimo Fanzago, ed il posizionamento di un dipinto su legno di autore ignoto dal titolo "la Vergine del Pellegrino", in cui si ritraeva la Madonna con Bambino poppante vestita con un manto scarlatto con su una stella ed alla cui destra trovavasi San Michele Arcangelo (col medioevale pennoncello sul capo ed una bilancia nelle mani) ed alla sinistra San Francesco d'Assisi ("dal viso scarno e dolorante per le sacre stimmate"). La tradizione del Casato narra che il suddetto quadro fu donato al duca Fabio da un pellegrino diretto in Terra Santa, in cambio dell'ospitalità ricevuta da questi.Al momento della sua dipartita tale ospite lasciò alla guardiania il dipinto per farlo consegnare al duca d'Alessandro, il quale apprezzò l'insolito regalo e cercò di rintracciarlo per i ringraziamenti.La ricerca in tutti i suoi feudi limitrofi a Pescolanciano, però, non ebbe esito positivo."L'eremita era sparito nel nulla senza lasciare alcuna traccia"(Tale opera e' stata rubata negli anni '80).
Le reliquie del Santo furono conservate da metà XVII secolo a metà XVIII in un'urna marmorea di cui si conserva ancora il coperchio, probabilmente su altro altare in gesso, come si evince da lapide esposta nella cappella:
D.O.M. SACELLUM HOC. VENERABILE OB PRAECLARUM DEIPARAE VIRGINIS IMMAGINEM HUC CUM MAXIMO ET QUALIS EXPETEBATUR AB IGNOTO ET VIX VISO HOMINE ADRECTAM A PIETATE SUORUM MAIORUM A FUNDAMENTIS ERECTUM FABIUS DE ALEXANDRO DUX PESCHIOLANGIANI PERFECIT ORNAVIT DICAVITQUE SACRIS DIVI ALEXANDRI OSSIBUS DIOCLETI ET MAXIMIN IMP.III KAL.MARTII MARTIRIS CUI AB SIMULUM FAMILIAE NOMEN PERPETUM HA GENTIS PRAESIDIUM IMPETRATURUS MONUMENTUM POSUIT ATQUE POSTERIS SCRIPSIT A.D. MDCLXXIII
Una fonte precisa sulla translazione di detta reliquia è il testamento del duca Fabio d'Alessandro, stipulato il 18 giugno 1672 ed aperto il 6 luglio 1674 presso il notaio Francesco dell'Aversana di Napoli. Nella descrizione delle ultime volontà di Don Fabio sul punto di morte, si rinviene la seguente citazione circa il Santo: “(...)nella cappella del cortile sotto il titolo di S.Maria dell’Arco (...) la cui memoria della nostra Santa Romana Chiesa viene celebrata alli 27 del mese di Febbraio ed io con grandissima diligenza e devozione ho procurato con le solite egalità e legittime attenzioni la trasposizione del d. Glorioso Corpo da Roma per grazia, e benignità Apostolica; voglio et ordino che detto mio erede, e chiamati in perpetuum debbano fare stare accesa una lampada notte e giorno conforme di presente, et in ogni giornata delli 27 di Febbraio si debba solennizzare la festa di d. Glorioso Martire, cominciando dal primo Vespero, con tutte le giornate seguenti, con farvisi celebrare in detta giornata delli 27 di Febraro tutto quel maggior numero di messe, che si potrà havere da sacerdoti delle terre, e luochi convicini.Ordinando di più che detto mio erede è chiamato ogni giorno a far celebrare una messa in detta cappella del cortile,ordinando ancora a detto mio erede procurare con tutta la diligenza la continuazione e prorogazione dell'Indulto Apostolico di poter far celebrare in ditta cappella la d. messa quotidiana, anche nelli giorni più solenni, conforme io l'ho ottenuto dalla Gloriosa memoria di Papa Innocenzo decimo, durante la mia vita ”. Fissò, quindi, la regola che i successori eredi dovevano far celebrare nella cappella una messa quotidiana onde far continuare l’Indulto Apostolico del citato Papa Innoccenzo X. Notizie delle reliquie e dell'area sacra si trovano, poi, nell'inventario del castello, datato 26 ottobre 1715 presso il notaio Giuseppe Maddalena di Napoli, all'epoca del duca poeta Giuseppe d'Alessandro(*1656+1715), autore di varie opere esoteriche, "Arte del Cavalcare","Arpa Morale","Selva Poetica". Si annota: "robbe ristantino nella cappella...uno calice,e patena tutti d'argento, una patena d'argento, una lampa d'argento piccola, una pianeta di lana color camoscio co' fiori d'argento e ricamo in mezzo di seta, uno panno d'altare dell'istesso co' ricamo sopra di seta di diversi colori, un'altra pianeta di seta color rosso e bianca con ferza in mezzo d'altro colore, un'altra pianeta color verde e principe di seta, un'altra pianeta di lana bianca, una portiera verde di seta,un'altra pianeta di diversi colori e fiori bianchi di seta, un'altra pianeta color S.Nicola, tre camisi una cotta e due tovaglie, uno cuscino e due messali per uso quotidiano, uno casciabanco ed uno inginocchiatoio d'abbete pittati, una cascia di noce serrata dove vi sia la Reliquia del Glorioso S.to Alessandro".
Ulteriori abbellimenti dell'area religiosa e suo sacrario vi furono nel corso del XVIII secolo. Modifiche e migliorie alla cappella ducale furono apportate dal duca ceramologo Pasquale Maria d'Alessandro(*1756+1816),conosciuto anche negli ambienti settari dei "Liberi Muratori" per le sue passioni alchimistiche.Tale duca si prodigò per la sistemazione definitiva degli altari, facendo comporre un altare di marmo colorato ad intarsio, detto di Sant'Alessandro, che sostituì con il precedente seicentesco in gesso. Su detto altare compare ancora lo stemma nobiliare del duca Pasquale con le insegne della consorte Maria Giuseppa Spinelli dei principi di Cariati e duchi di Seminara.
Risulta, poi, dai protocolli del notaio Domenico Moccia di Bagnoli del Trigno che il lavoro fu commissionato ed eseguito dal marmoraro napoletano Nicola Amitrano tra il 1788 ed il 1793, al costo di 1.549 ducati. L'anno precedente il Vescovo di Trivento, Gioacchino Paglione, rilasciò, il 24 dicembre 1787, consenso ed autentica di ricomporre le ossa a “scheletro” di S.Alessandro e di rivestirle con corpo di cera, traslandole dall’originale sarcofago marmoreo in un’urna in vetro, che fu sistemata fino ad oggi sull'altare di marmo dedicatogli. Tutta questa operazione fu eseguita in presenza del Vescovo Paglione e dell’Arcivescovo Grippo (consigliere del Supremo Tribunale del Regno di Napoli) con il citato duca di Pescolanciano, Pasquale Maria d'Alessandro.
La lapide apposta nella cappella del castello per tale evento riporta quanto segue:
SUMMO AC INCREATO NUMINI CONSACRATIO SACRAM HANC VETUSTAM AEDEM SUB DEIPARAE AC MARTIRIS ALEXANDRI TUTELA IN QUA FABIUS IUNIOR AB ALEXANDRO OSSA MARTIRIS IN MARMOREA URNA REPOSITA COLENDO VOLUIT PASCALIS MARIA AB ALEXANDRO PESCHIOLANGIANI DOMINUS X DUX VI NOBILIORI AMPLIORIQUE FORMA RESTAURAVIT.MARMORIBUSQUE PARIETES EXORNAVIT.VIRGINIS MARIAE AC MARTIRIS ALEXANDER ALTARIA MARMORE CONFECIT.EADEM OSSA MARTIRIS.PERMIS CRESCENTI CRIPPI IN REGNO NEAPOLITANO A CONSILIIS MIXTI DECASTERII AB IUSTAR HUMANI CORPORIS COMPONENDA CURAVIT ET IN ARCA REPOSUIT.TANDEM M.D.CC.XXVII POSTRIDIE NOVEMBRIS IOACHIM PAGLIONIUS TRIVENTI EPISCOPUS.IN TABERNACULA SACRAM HOSTIAM DUM MODO IBI IN COL ADSERVARI POSSE INDULGIT AD POSTERUM MEMORIAM. H.P.M.ANNO MDCCLXXXIX
Sovrastante l'urna del Martire fu poi posta un'importante tela, "la decollazione del Santo Martire Alessandro", dipinta da Lorenzo de Caro, allievo del pittore Solimena, con data 1716. Inoltre, altri arredi religiosi nonché immaginie e reliquari giunsero in Pescolanciano per volontà del duca Pasquale, quale "il Sacro Legno della Croce, le ossa di S.Filomena Vergine, pezzi della tunica di S.Francesco d'Assisi e S.Carlo Borromeo, un reliquario gotico d'argento contenente 31 reliquie di tutti i Santi dell'anno con le rispettive autentiche".Inoltre, tra gli oggetti sacri di pregevole lavorazione si ricordano crocifissi in argento finemente cesellati, di cui uno con base d'appoggio lavorata - si tramanda - da Benvenuto Cellini (donato nel secondo dopoguerra ad un figlio di Don Fabio, Vittorio d'Alessandro, emigrato negli Stati Uniti), e la stupenda statua lignea raffigurante S.Alessandro nella sua corazza tebana (utilizzata durante le processioni dal castello alla chiesa di S.Salvatore nel paese).
Circa questa nuova situazione della cappella ducale con sua reliquia, si rinviene accurata descrizione nell'inventario del castello datato 16 febbraio 1780 (cfr.A.S.I, Fondo ducale d'Alessandro).Al riguardo vi è scritto:
"(...)sopra l'altare ove vi sono 8 candelieri di ottone di cui 4 grandi e 4 piccoli con croce di ottone, sull'altare di marmo vi sono 3 tovaglie e sopra vi è l'urna con il corpo di S.Alessandro col suo coverchio...3 messali di cui uno rasato con ciappe d'argento, uno per le messe dei morti e l'altro più antico, 2 quadretti ovali di cui uno di S.Pasquale e l'altro di S.Pietro d'Alcantara con cornice indorata, il quadro di S.Alessandro anche con cornice indorata, un campanello piccolo di bronzo e l'altro grande, 2 mazze indorate di cui una con smorzacandele d'argento, una sedia d'appoggio con cuscino e spalliera di velluto rigato; l'altare di S.Alessandro di gesso con 8 candelieri di cui 4 mezzani e 4 piccoli, lavabo di legno indorato, statuetta dell'immacolata Concezione sopra detto altare, un lettorino grande di noce, 2 grate di confessionali con cornice di noce, 4 angiolini di ottone con lumi ad olio... e nel mezzo della Cappella vi è appeso un grappone di ferro indorato con 7 lampade d'argento, di cui una mezzana a 6 piccole".
Molti di questi oggetti religiosi, trasportati nella dimora napoletana di piazza S.Ferdinando-via Nardones, si persero nell'incendio del palazzo agnatizio (1798).
La cappella ed i restanti arredi rimase gravemente danneggiata, come l'intero castello, con il terremoto di Sant'Anna del 1805.
Nel giugno 1826 il duca Nicola Maria Jr. d'Alessandro(*1784+1848) ordinò il restauro della teca di S.Alessandro, che danneggiata per il terremoto era stata trasferita nella cappella del palazzo baronale d'Alessandro di Civitanova del Sannio.Tale intervento fu contemporaneo all'opera generale in atto di ricostruzione del castello, rimasto diruto dal 1805 al 1820(testimonianza scritta del parroco di Pescolanciano Lindoro Maselli).Quindi, anche la riedificazione e restauro della cappella del "cortile"(interno), che il terremoto aveva "lasciata adeguata al suolo", incominciò dal 1820 per terminare nel 1825 assumendo l'attuale configurazione strutturale (con pianta rettangolare con arco a tutto sesto e cupola elissoidiale a sesto ribassato in volta sottile), inglobata nella struttura castello.Non furono ricollocati ai muri tutti gli originali marmi intarsiati che coprivano la cappella (si sono conservati fino ad oggi negli scantinati e magazzini).Infine, lo stesso duca Nicola fece anche collocare due campane nella torretta-lavatoio del cortile esterno, di cui una recuperata dalla fatiscente chiesetta di San Basilio nel paese nel 1829, ad uso per le funzioni religiose.
Il successivo duca Giovanni Maria d'Alessandro(*1824+1910) fece restaurare ulteriormente nel 1850 l'urna in vetro di S.Alessandro, ottenendo un'autentica sul Santo da Mons.Benedetto Terenzio, vescovo di Trivento.
Costui fece ristrutturare le stanze della sacrestia, adicenti alla cappella,collocandola nei due vani confinanti a nord-ovest (dx dell'entrata della cappella), ove fu posto anche un antico ed imponente armadio per i paramenti sacri. Una precedente sacrestia era stata, invece, realizzata nelle due stanzine (a sx dell'entrata della cappella),comunicanti con l'area sacra (porta ad oggi murata) e ivi presente un elaborato armadio a muro. Da questa sacrestia si poteva accedere all'organo cantoria in legno, dentro la cappella. Il duca Giovanni M. si interessò poi alla riorganizzazione del calendario liturgico della cappella, nonché delle diverse celebrazioni religiose e vespri quotidiani da tenersi in tabella nell'area sacra.Infine, arredò con altre statue lignee religiose (S.Immacolata,S.Filomena etc),realizzate dall'artista Labbate, la cappella. Per il crescente affollamento di fedeli ai culti celebrati presso la suddetta cappella ducale, il duca Giovanni fu chiamato in giudizio nel 1852 dinanzi alla Curia arcivescovile di Trivento, dal citato parroco Lindoro Maselli, che rivendicò l'esclusiva apertura al culto pubblico della sola chiesa del paese in quanto la cappella doveva ritenersi area sacra in proprietà privata. Nonostante tale lite, le funzioni liturgiche furono regolarmente tenute giornalmente nella cappella fino all'epoca dell'ultimo prelato del Casato, Mons.Ettore d'Alessandro(*1865+1937),officiante presso la cappella del Tesoro di S.Gennaro nel duomo napoletano. Tra le festività più importanti celebrate nella cappella, oltre a quella di S.Alessandro, si annovera quella per la SS.Vergine Assunta, fatta sempre istituire dal duca Fabio nel menzionato testamento. "E perché li miei Antenati da tempo immemorabile hanno continuato, conforme ancor io la devotione, e memoria dell'Assuntione Nostra Sig.ra Vergine Gloriosa Maria e solennizzata nel decimo quinto giorno d'ogni mese di Agosto nella Cappella della Casa e dovutta dentro l'Archipresbiteral Chiesa della terra di Pescolangiano sotto il titolo di d.a Gloriosissima Assuntione di N.ra Sig.ra.Perciò ordino espressamente che nella giornata delli quindici d'Agosto la d.a festività della Gloriosa Assunzione N.ra Sig.ra con quel maggior decoro, splendidezza, è numero di sacerdoti celebranti...non solo si conservi, e mantenghi la d.a devotione di sollenizare come di sopra la d.a memoria". La festa prevedeva, tra l'altro, la partecipazione di tutti i sacerdoti delle chiese dei feudi del Casato(Carovilli, Civitanova, Pietrabbondante, Roccacinquemiglia,Duronia).Questi in gran pompa, celebravano messa in latino, con canti e musiche sacre, ed aprivano la processione della statua della Santa Assunta. Fino agli inizi del XX secolo tale rito si mantenne e vi partecipavano anche le più importanti autorità locali(Pretore,Intendente di Campobasso, sindaci ed amministratori di vari paesi).
Le funzioni religiose si interruppero dagli anni '70 al 1996, allorquando alcuni eredi in occasione dei lavori di restauro e ripristino della cappella ducale hanno rispolverato l'antica celebrazione di S.Alessandro. La cappella, ancora privata, resta aperta al pubblico in alcune occasioni liturgiche, specie nei giorni di festeggiamento di S.Alessandro (26 agosto).
6. Il culto di S.Alessandro martire e la venerazione della testa mozzata
Il culto celebrato a Pescolanciano per il Santo Alessandro si rifà a quello ufficiale, in uso presso la chiesa bergamasca di S.Alessandro, luogo sepolcrale del martire cristiano sin dal 303 D.C.. L’antica usanza si basa sulla venerazione, con particolari preghiere, del martire Alessandro, comandante romano di centuria della Legione Tebea (formata da soldati egiziani della Tebaide), che era a quel tempo presieduta dal generale Maurizio (fatto poi Santo e venerato dai Cavalieri dell’Ordine Mauriziano) ed era stata inviata nel 301 in Occidente per combattere le tribù barbare dei “Quadri” e “Marcomanni”. Questa legione, disubbidendo agli ordini degli imperatori Diocleziano e Massimiano volti a perseguire e sterminare i cristiani nelle zone controllate da Roma, fu punita con l’arresto e la condanna a morte dei suoi militi, mentre si trovava stanziata nel Vallese. Alessandro riuscì a fuggire con altri commilitoni, riparando prima a Milano e poi a Como. Trovò un rifugio, grazie all’ausilio di San Fedele ed al Vescovo Materno, ma a breve fu catturato nei pressi di Milano e fu condotto dall’imperatore Massimiano, il quale gli ordinò un sacrificio agli Dei pagani. Per il suo plateale rifiuto di venerare tali divinità, subì la condanna alla decapitazione, come imponeva la costumanza romana. Nel giorno della sua esecuzione, il carnefice Marziano, sguainata la spada, non riuscì però a giustiziarlo perché “gli si irrigidirono le braccia”. Ricondotto, quindi, in carcere, Alessandro riuscì a fuggire, riparando nei boschi limitrofi al piccolo borgo bergamasco di Pretoria. Sotto la protezione di un patrizio locale, lo stesso milite Tebano, che si era fatto cristiano, cominciò a predicare la fede del Messia, facendo anche alcuni seguaci (Fermo e Rustico). Alessandro fu, però, catturato nuovamente dalla milizia imperiale e condotto innanzi alle statue di alcune divinità pagane, onde costringerlo al mancato sacrificio verso questi Dei. Al suo ennesimo rifiuto, fece subito seguito la sua definitiva decapitazione pubblica, avvenuta il 26 agosto dell’anno 303 D.C. Dalle spoglie mortali, quali importanti reliquie per la cristianità, fuoriuscì un sangue miracoloso che generò dei candidi gigli bianchi. Questi preziosi resti furono raccolti da Grata, figlia di Lupo, (spesso raffigurata con la testa del Santo tra le braccia) per assicurare una degna sepoltura nella citata terra bergamasca. Il culto,rifacendosi alla consuetudine veneratoria della “Testa mozzata”, nonchè per il nome, per l’origine militare-cavalleresca del Martire e per il simbolo del Giglio che lo accompagna, fu gradito al Casato dei d’Alessandro, in un momento di splendore goduto dai vari rami nel XVI sec. Probabilmente, l’antica tradizione templare, non fu mai dimenticata dai d’Alessandro, riaffiorando sotto nuovi idoli e costumanze.
Secondo le volontà testamentarie del I° Duca Fabio Jr.(1674) fu istituzionalizzata altra celebre processione della S.S. Vergine Assunta che, partendo dalla chiesa Arcipretale,dopo la celebrazione di specifica funzione ("E poiché tutti i miei antenati da tempo immemorabile hanno dichiarato conforme amore a Dio, la devozione e memoria dell’apparizione di nostra Signora Vergine Gloriosissima Maria e solennizatela nel quindici del giorno di ogni mese di agosto nella Cappella della Casa ed in città dentro l’Archipresbiterate chiesa della detta città di Pescolangiano sotto il titolo di detta Gloriosissima Assunzione di nostra Signora")con rispettiva statua, attraversando il paese, arrivava alla cappella ducale ove sostava per altra recita religiosa per poi rientrare nella parrocchia. Il rituale celebrato il 15 Agosto in forma pomposa (l’ultima processione risale al 1891) consisteva nella processione della sacra statua della S.S. Vergine con la partecipazione di tutti i sacerdoti dei feudi ducali e provincia,nonché tutte le autorità regionali,gli amministratori della casa ducale con il corpo intero delle guardie ducali con l’intera famiglia d’Alessandro e tutta la popolazione. Il corteo era anticipato dalla novena ed il vespro recitato nella chiesa parrocchiale in Pescolanciano ove si esponeva la sacra statua sull’altare della “Vergine Assunta”. Musica e fuochi per tre giorni ed il popolo riceveva pane e viveri provenienti dai depositi del castello. Per l’occasione venivano celebrati molti matrimoni con l’assenso ducale e somma di denaro offerta con sorteggio effettuato con bussolotti la mattina del 15 agosto nella cappella ducale.Pagine descrittive su tale evento religioso in Pescolanciano furono pubblicate da padre F.Bonaventura Politi dell’Ordine dei minori conventuali. Costui fu maestro di studi nel convento di S.Francesco in Palermo e lettore di diritto canonico e teologia morale. Nella sua opera, “Morales affectus” (principi morali vari), edita in Palermo nel 1665 così venne riferito: "Da tempo immemorabile i Signori di questo illustre Casato, spinti dalla loro devozione e venerazione verso la Beata Vergine Maria Madre di Dio, sono soliti celebreare ogni anno per tre giorni, ad iniziare dai primi Vespri, la ricorrenza della sua mirabile Assunzione col maggior fasto possibile. In occasione di così grande solennità, da tutte le località della Provincia convengono numerosissimi sacerdoti e religiosi di ogni Ordine, assai insigni per virtù e dottrina. Concelebrati poi in chiesa i Sacri Misteri che la luce dei ceri, la varietà degli addobbi, le musicali armonie e le elegantissime esposizioni della Sacra Parola rendono particolarmente solenni e magnifici, il clero si raduna nel castello ducale dove in una assai vasta sala si scorge una mensa riccamente imbandita si per l’abbondanza che per la ricercatezza dei cibi. Sedutisi con modestia i sacerdoti ed i religiosi intorno al tavolo, i Duchi,insieme ad uomini scelti della loro stessa condizione, li servono con la massima liberalità. Nessun laico secolare (se non Principe, o Cavaliere, o quanto meno dottore) si permette di unirsi a loro. Al termine od anche durante il pranzo , i convitati vengono ristorati pure spiritualmente dal discorso di un teologo, tenuto in lingua latina o volgare, e di argomento sacro o morale od accademico.Nell’ultimo giorno poi con non dissimile comportamento celebrata la commemorazione dei defunti degli Alessandri, dopo pranzo, uscendo ad uno ad uno dalla porta posteriore del castello, portando seco ciascuno una propria ricompensa proporzionata alla qualità della persona, ai loro gradi, alle loro dignità ed alla distanza dei luoghi di provenienza, se ne partono in pace.Nel sessantesimo anno del presente secolo (1660) in cui il predetto Casato era angustiato da varie avversità, il presente autore, dimostrando che coteste prove sono inganni della vita mortale, per primo in lingua latina, tra tante centurie di predecessori, tenne per il Duca e per il suo Casato questa moralissima orazione consolatoria".
La statua lignea della Santissima Assunta (Maria è Assunta, perché sempre Vergine ed associata a Cristo, ci richiama a quella che è la nostra destinazione ultima, siamo solo di passaggio sulla terra. Quindi la Madonna che viene assunta in cielo, completa la sua vita terrena come l’ha completata Gesù con la resurrezione; non potendo Maria risorgere, viene assunta anima e corpo in Paradiso), di produzione dell’Artista Emilio Labbate, ritrae la Vergine nel suo manto celeste che schiaccia il serpente (simbolo del Male, di Satana) sovrastante la terra. E’ collocata nella Cappella Ducale.