Memorie documentate nel manoscritto di Famiglia del '900 (Alessandro d'Alessandro - Libro dei Feudi - Memorie delle mappe storiche sui feudi, quelli rustici, gli immobili ed i beni mobili e cappelle mortuarie dell'illustre Casato dei d'Alessandro, Pescolanciano,inizi XX°sec.), riferiscono che il Casato si insediò nella città di Napoli, con suoi beni immobili, dal XIV° secolo per meglio dedicarsi alle attività bancarie e occuparsi in ruoli dirigenziali amministrativi,utili alle varie regnanze.Tale tradizione finanziaria, che secondo le narrazioni leggendarie può essere derivata dalla vicinanza del Casato all'Ordine Templare, con sue costumanze, nel corso del XII° e XIII° secolo (il citato Guido ed il suo discendente collaterale, Lando de Alexandro, "milites Christi" presso la Domus di San Paterniano, nell'omonima chiesa di Ceprano, nel 1292; cfr.F.Bramato, Storia dell'Ordine dei Templari in Italia, Rm 1991,p.116,230), si consolidò nel '400.Il suddetto manoscritto, prodotto da un ascendente studioso dei Pescolanciano (autore,tra l'altro, di numerosi saggi ed opere storico-letterarie), in cui sono raccolte notizie documentate e d'archivio, nonché quelle supposizioni ed ipotesi mitizzate di racconti orali tramandati in famiglia, riporta al riguardo quanto segue nella pagina intitolata "L'attività bancaria nel Casato".
"Seppur la Genealogia ottocentesca, con la pubblicazione del Ricca-Daugnon, cercò di evidenziare un trascorso di tradizioni militari alla base della genesi familiare, esaltando le gesta del crociato-templare Guido/Guidone e di altri esponenti militi, è comunque certa l'esistenza di ascendenti impegnati in attività finanziarie-bancarie.Tant'é che costoro vennero pur sempre citati dai suddetti araldisti, ma come esponenti di rami familiari diversi dal nostro Casato. Vi è,però, spiegazione storica a simile passaggio sociale dei principali protagonisti del Casato d'Alessandro che nel corso del XIII° secolo 'deposero la spada' per occuparsi di incarichi reali amministrativi e della gestione del patrimonio finanziario posseduto, attività questa di supporto alla prima (attività finanziaria costituì presupposto per l'ascesa politica presso la Corte Reale).E' probabile che detta esperienza nell'attività finanziaria sia stata acquisita dal Casato per il tramite di alcuni suoi cavalieri templari (Guido in terra di Apulia nel 1214; Lando in terra di Lavoro nel 1298) impegnati nell'ambito delle rispettive Domus nell'esercizio della fede, delle attività militari e del servizio del credito. Alla funzione della gestione del credito si aggiunga il racconto tramandato in famiglia di una segreta ricchezza ereditata da familiari vicini all'ultimo 'miles Christi', Lando de Alexandro, dopo la sua morte avvenuta in epoca di soppressione papale dell'Ordine (1312), per condanna di eresia emanata da Filippo il Bello. Si trattò di una fortuna di denari, accumulatisi non tanto per traffici mercantili, quanto attraverso un'Istituzione Cavalleresca giunta al suo scioglimento ufficiale e spoliazione da parte degli stessi sovrani Angioini. Nel corso del XIII° sec. vissero, pertanto, Nicola de Alexandro, di Angelo, 'mutuatore' in terra di Lavoro e titolare di un banco di prestiti (1282-85 ed oltre), che disponendo di ingenti capitali, elargì un prestito di 10 mila once al suo re Carlo I d'Angiò(citato anche nel manoscritto di Montecco Erodoto, Famiglie del Regno di Napoli, Na 1697, fog.sugli Alessandro).Altro 'mutuatore' in Isernia fu il di lui nipote Giovanni I di Carlo (1285), poi barone di S.Giorgio in Liri, forse quale riconoscimento Reale per i servizi di prestito offerti alla Regia Corte.Nel rispetto dei principi etici cristiani costoro non gestirono un commercio di denaro per usura, bensì tali banchieri assunsero il ruolo di gestire la funzione di Cassa di Stato, sia nella erogazione che nella raccolta delle tasse e rendite degli Arrendamenti. Questo servizio finanziario alla corte Angioina, rese saldo il legame con il Casato che crebbe di potenza ed importanza tanto da ottenere feudi, riconoscimenti ed incarichi governativi, nonchè un riscatto sociale: il Casato si accinse a passare da nucleo familiare del popolo crasso a famiglia della nobiltà del Regno tra il XIV° ed il XV° secolo."
Il ceppo familiare che trovò residenza in Napoli dal 1300 fu sempre ben accolto a corte dalle varie regnanze, grazie anche a questa preziosa "attività di banco", che probabilmente accrebbe nel corso del XV secolo. Difatti, il medesimo manoscritto "Memorie.." riporta altra pagina dal titolo "I banchieri d'Alessandro governatori della Casa della SS.ma Annunziata", ove viene riportato quanto sotto.
"I de Alexandro che fecero 'banco' si ritrovano quali governatori della Casa della Santissima Annunziata in Napoli.Da Pietro Cola (de Alexandro) di Sansonetto derivarono Damiano, tra i Governatori della Casa nel 1375, poi Marino Governatore nel 1416, Giovanni de Alexandro Governatore nel 1433 e Severo de Alexandro dal 1446 al 1461(F.Imperatore, Discorsi intorno all'origine,Regimento e Stato, della gran Casa della Sant.Annunziata di Napoli, Na 1629). La Casa Santa, fondata per l'assistenza alle fanciulle/bambini abbandonati ed infermi poveri nel 1304, svolse anche attività di cassa-prestito (banco dell'Annunziata Ave Grazia Plena) per combattere l'usura (nel Vangelo i mercanti per interesse ed i cambiavaluta furono cacciati dal Tempio) da metà del XV° secolo,allorquando il banchiere Severo d'Alessandro fu ivi tra i Governatori. Tra l'altro risultò che ' dal 1339 incominciò a governarsi per Maestri particolari in numero quando di quattro e talvolta di cinque et anco sino al numero di sei huomini. Uno che è Cavaliero della Piazza di Capuana, e questo tiene il primo loco, appresso, et gli altri della Piazza del Popolo, et fra essi si è osservato et osserva fin'hora, quando fra di loro vi è Dottore se li dà il primo loco appresso al Cavaliero, et gli altri sedono da mano in mano secondo l'anzianità et maggioranza d'età'(Libro Patrimoniale, 1609, Archivio Santa Casa dell'Annunziata di Napoli). Occorre considerare la consuetudine della Santa Casa per gli Eletti Governatori, che venivano scelti purché: 1. 'non stiano occupati in altri negotj...che la piazza del fidelissimo Popolo non eliga persone che stiano occupati in altri governi de luoghi pij' 2. che li Governatori (parlando di quelli del Popolo) non habbiano altro oggetto, sol'che il perfetto governo di detta Casa Santa...nel procurare essere eletti Governatori, è il far palese con questo mezzo la loro pretedenza in nobiltà...la città di Napoli è divisa in tre sorti di persone, cioè Nobiltà,Popolo e Plebe; ma li maneggi de magistrati, e pubblici governi di quella son guidati dalla nobiltà delle piazze de seggi, e dal popolo vulgarmente detto Crasso; cioè mediano fra la nobiltà, e la plebe bassa e minuta, esclusa da detti maneggi; questo vien disposto da Roberto Re di Napoli...'. Quindi, l'attivarsi per la Casa, "..si riceveno,educano, governano e mantengono migliaia di persone miserabili" era un modo per nobilitarsi innanzi al Sovrano che considerò l'Istituto appartenere alla piazza di S.Agostino, cioè Piazza Regia. 3. Altro requisito del Governatore, 'che prima habbia dato buon saggio di se, con occasione di amministratione di altri luoghi pij di minor carico'. 4. 'che habbiano beni di fortuna, essendo la povertà, e necessità gran cagione di deviar dalla via retta".
Il passaggio del ceppo napoletano dei d'Alessandro, da famiglia appartenente al Popolo "Crasso" extra Seggio, a famiglia Patrizia di Seggio nobile cittadino avvenne nel corso del XV° secolo.E' consequenziale a tale riconoscimento,il trasferimento delle proprietà residenziali di detta famiglia in aree urbane diverse della città di Napoli, circoscritte dalla presenza di specifici Sedili o Seggi. Pertanto, si rinviene dalle memorie del menzionato manoscritto di Alessandro d'Alessandro che una prima presenza residenziale dei de Alexandro in Napoli vi fu nel 1300, allorquando avevano fissato dimora nel Seggio di Forcella. Ipotesi, questa, suggerita dal genealogista citato, Montecco Erodoto (Manoscritto d'Incerto Autore, Esame della Nobiltà Napoletana distribuita ne i Cinque Seggi,trattenimento dissapassionato, Napoli 1697, p.214) che così riferisce: "Questi due (Simonetto, Capitano della città di Lucera, Paolillo, Razionale della Regia Camera etc viventi tra fine XIV° ed inizi XV° sec.) io stimo fossero aggregati Popolari poichè dal Protocollo nel 1433 Mr Jacovo Ferrillo si legge Giovanni d'Alessandro (Giovanni III, barone di Casalnuovo)essere uno delli Governatori del Popolo della Casa della SS.Annunziata, e nel protocollo del med.mo dell'anno 1456 si legge di Severo, quale credo che fosse figlio di detto Giovanni esser anco Governatore di detta Casa Santa".Difatti, le principali fonti genealogiche sulla famiglia d'Alessandro si concentrano sulle figure del suddetto Paolillo e di Severo, che ebbero un ruolo di rilievo nel processo di aggregazione familiare ai Seggi partenopei.
Severo, a detta del manoscritto novecentesco del d'Alessandro "fu titolare di banco in Napoli, aperto sotto re Alfonso I d'Aragona, con attività certa dal 1442/43 al 1455, per la sua posizione di prestigio goduta nella città, nonché presso la passata Corte Reale Angioina e quella nuova Aragonese.Costui fece richiesta di aggregazione della famiglia d'Alessandro(Sezione diplomatica Grande Archivio di Napoli, Repertorio n.1 p.62 del Griffo), insieme a Lorenzo Palombo, presso il Seggio nobile di Montagna, il 21 maggio 1460 (Protocolli del notaio Pietro Ferrillo in S.S.Apostoli). Presenti all'evento i deputati di Seggio:Galeazzo e Gurone Origlia,Paolo Poderico, Fabrizio Rosso, Niccolò Luca Carmignano, Andrea Cotugno.Lo stesso mercante-banchiere Severo, nel 1460, chiese poi aggregazione alla Piazza di Porto, come testimoniato da vari studiosi del sei-settecento. L'aggregazione al Sedile di Montagna risulterebbe accolta nel 1467 (ma non è certa una sua ratifica con atto amministrativo), mentre per quella di Porto nel 1492, quando su richiesta dei figli di Severo, Pietro e Jacopo, fu presentata domanda di reintegra poco dopo la morte del loro padre (1487). Considerato che uno dei figli di Severo, Antonello,(che continuò l'attività di Banco, occupandosi di emettere e pagare lettere di cambio, cedole, assicurare carichi di merci e prestiti) risultò risiedere alla data del 1442 nel seggio di Forcella(come da sua partecipazione ad una questione amministrativa del Seggio:"presenti detti nobili Homini et Venerabili de'Platea Forizilla.In primis, magnifico D.Porcello de Sicula, nobile Nardo Chianuta, nobile Athanasio Cotugno,D.Petro Paolo de Sicula, nobile Anello Quaranta,nobile Joanne de Hercules, nobile Joannello Corvitello et D.Anello de Alexandro),è,quindi, probabile che ivi risiedesse anche detto padre ed altri familiari. Poichè il Seggio di Forcella fu abolito per essere inglobato in quello di Montagna, sotto la Regina Giovanna, pur rimanendo in vita il suo Eletto, ciò potrebbe spiegare la richiesta di aggregazione fatta, in primis, a quest'ultimo Seggio. Analogamente è ipotizzabile che possa essere stata anche la soppressione del Seggio di Popolo nel 1456, ad opera di re Alfonso, a determinare simile richiesta. Resta, comunque, noto che a quei tempi si riusciva ad entrare nelle Piazze per il tramite di parentele, conoscenze e per decisione Reale, seppur l'ammissione richiedeva pur sempre la votazione degli Eletti".Severo venne a mancare nel 1467 e edificò sepoltura nella chiesa dei S.S. Severino e Sossio in Napoli, con lapide non ritrovata, così recitante: "SEVERUS DE ALEXANDRO,SUA SUORUMQ. POSTERORUM CUM AGNATORUM TUM GENTILIUM OSSA HIC SERVANDA CONSTITUIT. MCCCCLXVII". La prima cappella d'Alessandro in detta chiesa conservò anche i resti di Giovanni d'Alessandro(1493), come da lapide non rinvenuta: "IN SEPULCHRO FAMAM INVENIES IOANNES ALEXANDRIUS. MCCCCLXXXXIII". Anche a Urania d'Alessndro, del postumo ramo della Castellina,trovò ivi sepoltura (1578).
Paolo/Paolello/Paolillo, di Giovanni III d'Alessandro, di cui si tramandò ritratto pittorico nel Casato dei Pescolanciano (epoca sei-settecento), rivestì varie cariche governative in Napoli. Oltre ad essere stato Razionale della Regia Camera sotto re Ladislao Durazzo D'Angiò(1386), fu nominato Direttore del Gran Sigillo nel 1403 per poi essere scelto quale Segretario della regina Giovanna II d'Angio (1418), tanto da divenirne "suo familiare". Di costui si rinvenne, su un manoscritto settecentesco relativo ai beni del monastero dei SS.Severino e Sossio di ignoto autore, delle proprietà immobiliari cedute all'istituzione religiosa. Cita, in merito, il manoscritto novecentesco su tale notizia delle" vendite d'immobili del detto Paolillo al Monastero.In particolare, costui fece due transazioni di immobili, una prima nel 1436 ed un'altra il 13 marzo 1445; tali stabili erano collocati nella strada detta Scanna di Cardillo e S.Eriplo, cioè vicino il Monastero di S.Agostino.Tali residenze, quindi, erano nell'Ottina di Forcella del Seggio di Popolo che tra l'altro, ebbe la sua sede presso il citato monastero di S.Agostino (alla Zecca) con la salita al trono di Re Ferrante I (1458-92).Taluni storici ritennero, comunque, Paolo essere aggregato al seggio di Porto,come sostenne Scipione di Cristoforo nella sua opera (S.Ammirato,Istoria genealogica della famiglia Fuiero o Folliero, Napoli 176).Lo studioso ottocentesco De Daugnon riprese questa notizia nella sua pubblicazione sulla Ducal Casa dei d'Alessandro, dando maggior rilievo a tale personaggio nel processo di aggregazione ai Sedili,contrariamente alle tesi del noto Carlo De Lellis (C.De Lellis, Discorso sulle Famiglie nobili..., 1663)sostenitore della sola aggregazione dei d'Alessandro al Seggio di Montagna nel 1460, secondo il protocollo del notaio Pietro Ferrillo, con atto in SS.Apostoli del 21 maggion 1460. Il De Daugnon e a seguire il Serra non considerarono la testimonianza del citato Montecco Erodoto, che così scrisse nel manoscritto seicentesco "Esame della Nobiltà Napoletana.." circa la questione dell'aggregazione quanto segue:"Costoro (Petrillo e Jacovo di Severo) inventarono lite di reintegrazione nella Piazza di Porto perché provarono essere figli di Severo,che fu di Giovanni, e fu figlio di Pietrocola, che fu figlio di Santonello, vero però che le prove no furono ammesse per avere nell'anno 1518; ebbero sentenza a loro disfavore nè dalla quale avendone reclamato pendente la detta relazione per mezzo de loro Parenti furono ammessi de bono, et Equo nel Seggio.Ma avendo appreso recalcitranti alcuni Gentiluomini del detto Seggio che non si erano trovati in detta ammissione, ottennero decreto che si astenessero d'andare al seggio, finchè fosse decisa la Causa della Reclamazione perloché stettero molti anni privati dal detto Onore, ma avendo proseguita la detta lite Sansonetto figlio di detto Iacovo e Vincenzo figlio di Petronillo finalmente questi ottennero decreto al loro favore".
La crescita di prestigio dei d'Alessandro in Napoli è dimostrata dalle cariche governative coperte dai vari esponenti nel corso dei secoli XIV° e XV°, mentre l’attività bancaria venne meno (Antonello d’Alessandro fu ultimo gestore di un banco nella prima metà del ‘400) per l’affermarsi di incarichi nella “brurocrazia togata” e relativi interessi giurisprudenziali, quali capacità richieste dall’affermata corte aragonese nel regno. In quest’epoca si annoverano, così, vari personaggi della famiglia, che seguirono gli studi in legge, assolvendo cariche competenti per la corona d’Aragona, a cui la famiglia giurò fedeltà (è da ricordare Riccardo d’Alessandro che nel 1421 “tenne le lance” a favore di re Alfonso I° insieme ad altri nobili,Giovanni Caldora e Marino Gaetano e Jacopo Minutolo etc –cfr. B.Candida Gonzaga,Memorie delle Famiglie Nobili delle Provincie Meridionali d’Italia,Vol I,Napoli 1875, p.81- o Andrea d’Alessandro che fu Regio Consigliere del medesimo sovrano nel 1459). Vanno, per lo più, ricordati due personaggi dei d’Alessandro, che vissero nella seconda metà del ‘400 e furono parenti diretti, per la loro attività culturale-professionale a servizio della dinastia aragonese.
L’antica famiglia d’Alessandro, ormai aggregatasi al patriziato di seggio tra la metà del ‘400 e gli inizi del ‘500, continuò a mantenere le principali occupazioni, interessi e residenze in Napoli, ma nonostante tale crescita del nucleo familiare cittadino, si intrapresero percorsi nuovi di acquisizione di terre feudali(per motivi politici o per intraprendenza sociale) nelle province limitrofe a Napoli sia nel XV° secolo che nel XVI°. Da dette proprietà feudali, quali Faicchio, Cardito, Marigliano, Pescolanciano,Castellina sul Biferno, Ascoli S.,Montalto, Moncoturni etc., si affermarono rispettivi “rami” che in parte si estinsero nel breve termine ed in parte sopravvissero nei tempi moderni.
Non è stato un antico ceppo familiare, collegabile ad una proprietà feudale o titolatura nobiliare, bensì un nucleo dei d’Alessandro della provincia napoletana che agli inizi del XX sec. ottenne un riconoscimento dalla Consulta Araldica dell’ex Regno d’Italia. Il candidato richiedente, Giuseppe d’Alessandro, figlio di Antonio e di Angela De Gennaro, nato il 16 ott.1895 a Campagna ebbe nel 1927, con decreto Presidenziale (Governo Mussolini) su conferma della Commissione Araldica, l’autorizzazione all’uso per se e suoi familiari discendenti dello “stemma di cittadinanza”, così descritto:
“troncato e partito al primo di azzurro, al capriolo di rosso, sovrapposto ad altro capriolo di oro rovesciato diminuito e scaricato con le estremità ricurve, al secondo fasciato di argento e di rosso, al terzo sbarrato di verde e di oro”. Detto stemma risultò essere in possesso ed in uso pubblico per oltre 60 anni.